CANTARE LA MESSA E NON CANTARE DURANTE LA MESSA
Da più parti è stato chiesto se è ancora valida la formula della Instruzione sulla Musica sacra e la Sacra Liturgia, del 3 sett. 1958, al n. 33: "In Missis lectis cantus populares religiosi a fidelibus cantari possunt, servata tamen hac lege ut singulis Missae partibus plane congruant."
La formula è superata.
È la Messa, Ordinario e Proprio, che si deve cantare, e non "qualcosa," anche se plane congruit, che si sovrappone alla Messa. Perché l'azione è unica, ha un solo volto, un solo accento, una solo voce: la voce della Chiesa. Continuare a cantare mottetti, sia pure devoti e pii (come il Lauda Sion all'offertorio nella festa di un santo), ma estranei all Messa, in luogo dei testi della Messa che si celebra, significa continuare un'ambiguità inammissibile: dare crusca invece di buon frumento, vinello annacquato invece di vino generoso.
Perché non solo la melodia ci intercessa nel canto liturgico, ma le parole, il testo, il pensiero, i sentimenti rivestiti di poesia e di melodia. Ora, questi testi devona essere quelli della Messa, non altri. Cantare la Messa, dunque, e non solo cantare durante la Messa.
Source: Notitiae, 5 (1969), p. 406.
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